di Sofia Fiorini
Qual è stata per te la spinta a iscriverti al Master, perché guardavi all’Europa come ad un’opportunità che avrebbe potuto fare al caso tuo?
Ero interessato a un’esperienza di studio internazionale e ad approfondire le mie conoscenze in termini di formazione sui bandi europei, volevo conoscerne i contenuti e i dettagli. Soprattutto mi interessava scoprire la realtà della relazione tra commissione europea e partner internazionali. Direi che le spinte principali per partecipare al master riguardavano i contenuti e la gestione delle relazioni dell’euro-progettazione. Ho sentito di dovermene occupare in un modo più accurato, che andasse oltre la superficie. Tanti parlano di queste cose, ma pochi hanno competenze reali.
Come ti aiutato il Master in ciò che fai oggi?
Il mio lavoro attuale non è lo stesso di quando mi sono iscritto al master nel 2016. Oggi lavoro nell’Ateneo pontificio Regina Apostolorum, nel dipartimento di sviluppo di relazioni istituzionali, e sono il responsabile dell’ufficio per l’attività di promozione.
Il knowledge che ho acquisito al master è confluito poi in una parte del libro che ho scritto, Chief Digital Officer. Gestire la Digital Transformation per persone e organizzazioni. Una parte del manuale, dedicato al cambiamento organizzativo seguìto alla digital trasformation, affronta appunto il tema degli strumenti di formazione della comunità europea, quei progetti di formazione che sono finanziati proprio dai bandi europei. Come si può gestire il cambiamento, se non con la formazione?
Secondo te, cosa possono fare le Istituzioni Europee per chi lavora nel campo della cultura, del sociale, dell’innovazione. Ci sono risorse?
Credo che le Istituzioni Europee potrebbero promuovere di più il concetto di Europa attraverso attività inerenti alla formazione, al benessere pubblico, ma anche dal punto di vista politico ed economico. Le risorse stanziate e da stanziare in Europa ci sono, ma in Italia vengono usate poco e male. L’informazione è scarsa, così come la conoscenza delle modalità di accesso ai bandi e al loro utilizzo. In questo senso, l’esperienza del master permette di verificare personalmente come funziona il progetto europeo e di approfondire anche secondo quali modalità si stilano i bandi. Le istituzioni dovrebbero cercare di istituire partnership con enti come il vostro per promuovere la conoscenza dei bandi. Le istituzioni hanno il compito, oltre che di stanziare risorse, anche di promuoverne la conoscenza, per far sì che la possibilità di accedervi sia reale e non solo virtuale. E per promuovere ciò, le istituzioni hanno bisogno di competenza e professionalità nelle figure di chi diffonde questo tipo di informazioni.
Cosa ti sei portato a casa dall’esperienza del Master e dall’incontro coi docenti?
Sicuramente il master mi ha permesso di avere una visione più approfondita rispetto a come si muove la commissione europea per la gestione dei finanziamenti e mi ha dato una panoramica internazionale dei progetti di formazione.
Per me è stata fondamentale nell’apprendimento la parte di workshop. Ricordo di aver scelto, tra le varie proposte, per la mia esercitazione sui bandi reali un progetto per diffondere la cultura dell’integrazione europea. Esercitarsi su un tema così interessante, come per me in questo caso era la richiesta di finanziamenti per attività che promuovessero il concetto di cittadinanza europea, è stato senza dubbio stimolante.
I docenti sono tutti professionisti di grande esperienza, con cui sono rimasto in ottimi rapporti. Soprattutto è stato utile per noi il fatto che facessero parte della commissione europea: ci hanno saputo spiegare nel dettaglio la relazione tra team di progetto e commissione nella fase di richiesta del finanziamento.
Poi è stata una bellissima esperienza dal punto di vista umano, ho conosciuto tantissime persone di realtà lavorative diverse, provenienti da vari paesi di Europa. Per me è stata un’occasione di arricchimento culturale e personale eccezionale.
Che cosa ci vuole per scrivere un progetto – di formazione, e non solo – vincente?
Ciò di cui è strettamente necessario assicurarsi per garantire successo al proprio progetto è la capacità di individuarne le ricadute positive e di renderle dimostrabili. Il progetto deve implicare, già dal nucleo, l’effetto delle proprie ricadute sociali positive. È chiaro che più questi effetti positivi sulla comunità sono tangibili ed evidenti, più il progetto risulterà vincente. È ovvio poi che sia necessaria un’ottima conoscenza dei meccanismi di funzionamento dei bandi e delle istituzioni europee. Il master dà un ottimo inquadramento a riguardo. In linea generale, un buon progetto ha tra le sue premesse un’alta qualità di pianificazione e professionalità delle parti.
Cosa consiglieresti a chi si affaccia per la prima volta all’universo dell’euro-progettazione?
A chi comincia adesso ad occuparsi di progetti europei e vuole farlo in modo serio, consiglio indubbiamente di fare questo master e di farlo a Bruxelles. La dimensione di scambio culturale è maggiore che non nelle sedi italiane, il tasso di internazionalità è più alto. Fare il master a Bruxelles offre poi la possibilità di sentirsi in prima persona parte della comunità europea, c’è maggiore facilità di scambio. Un consiglio per chi vuole occuparsi di questo settore è anche di non avventurarsi a fare progettazione senza avere knowledge. Bisogna dotarsi di strumenti validi e di competenze reali.