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Master in Social Media e Digital Marketing: Intervista a Veronica Gentili, Facebook Marketing Expert, docente e speaker

di Sofia Fiorini


 

Com’è stato il tuo cammino verso il digital marketing? Come si fa a rimanere sempre al passo coi tempi nel tuo lavoro?

Io ho iniziato studiando tantissimo e facendo un sacco di corsi. Quello di chi lavora nel digital marketing è un cammino costante e continuativo. Chi vuole fare questo lavoro deve continuare ad aggiornarsi con percorsi online e in aula. Bisogna mettersi nell’ordine di idee che si deve rimanere al passo, per non perdere il proprio valore competitivo.

Ti piace il tuo lavoro? E com’è raccontarlo a chi vorrebbe lavorare nel Digital Marketing? Quanto è preziosa la guida dei professionisti per chi inizia?

Sì assolutamente, mi fa piacere pensare di poter essere di ispirazione per chi vuole intraprendere questa carriera. Essere guidati dai professionisti ha molta importanza, soprattuto per chi inizia (ma anche per chi ha già preso questa strada da un po’), perché permette di evitare una serie di errori e di accelerare l’apprendimento, facilita molto avere un percorso chiaro da seguire. A chi vuole migliorare le proprie competenze consiglio sicuramente il master in Social Media e Digital Marketing. Lo consiglio perché oltre a essere un’esperienza stimolante fornisce solide basi sulle quali costruire la propria professione, e lo fa con serietà.

Il master in Social Media e Digital Marketing ha superato ormai l’edizione numero 150. Un dato che ci dice come l’interesse per la formazione in questo ambito sia costante. Ma cosa fa la qualità di un corso di formazione nel digital?

La qualità la fanno in primis i docenti – nel master Social Media e Digital Marketing c’è qualità, i docenti sono seri professionisti del digital marketing. La rosa dei docenti è anche l’elemento chiave in base a cui scegliere un corso, e consiglio di partire da qui per valutarne la qualità. Il passo successivo è considerare lo storico e la reputazione del corso in sé. Una certa esperienza alle spalle, come nel vostro caso, discrimina un corso professionale dai corsi improvvisati. Un’altra cosa da considerare è la presenza di attività pratiche, come sono ad esempio le parti di laboratorio in esercitazioni pratiche di questo master.

Da esperta di Facebook Marketing, diresti che è importante acquisire competenze e basi solide in un ambito, come questo, dove molto si dà per scontato? Quanto bisogna imparare e studiare?

È fondamentale, non si può sottovalutare la necessità di fare formazione in questo ambito. Lavorare nel digital marketing richiede competenze specifiche al pari di qualsiasi professionalità, servono competenza ed esperienza sul campo. Improvvisare significare mettere a repentaglio il business del cliente o il proprio, bisogna studiare e sperimentare, pratica e teoria vanno a braccetto.

Per quanto riguarda Facebook e le sue specifiche modalità, è molto importante restare aggiornati sempre. La formazione in questo ambito non finisce mai. Non è pensabile sentirsi a posto a vita dopo aver fatto un corso anni prima. Fare corsi è il modo più efficace e semplice per restare aggiornati.

Com’è insegnare al master? Cos’è più stimolante per te? Che tipo di gente incontri?

È una bella esperienza, stimolante anche per noi docenti, perché tra gli studenti si incontrano professionisti che già lavorano nel digital marketing, in proprio o per aziende, e che vogliono aggiornarsi, migliorare le proprie competenze e modernizzare il business. La loro presenza nelle classi è preziosa, oltre che per gli altri partecipanti, anche per noi docenti. Da loro partono spesso domande e dubbi che nascono dall’esperienza diretta, per trovare soluzioni a problemi reali del digitale. È sempre una bella esperienza e si impara sempre tanto da loro.

Il digital è un settore che offre spazio ai giovani? A quali condizioni?

La richiesta è sempre più alta, soprattutto per quanto riguarda la gestione di pagine Facebook, Instagram e canali Whatsapp, la triade dei social network più usati. La difficoltà sta nel riuscire a differenziarsi dalla miriade di persone che si propongono come social media manager. Le carte vincenti in questo senso sono competenze molto specifiche ed esperienza. Per un cliente un social media manager risulta credibile quando dispone di risultati misurabili e quindi di campagne di successo al suo attivo.

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    Master Europrogettazione Special School: l’esperienza dell’ex corsista Fabiana De Rosa a Bruxelles

    di Sofia Fiorini


     

    Qual è stata per te la spinta a iscriverti al Master, perché guardavi all’Europa come ad un’opportunità che avrebbe potuto fare al caso tuo?

    Quando ho deciso di partecipare al Master, avevo già iniziato il mio percorso formativo all’Istituto universitario degli studi Europei di Bruxelles, dove seguivo un corso del commissariato europeo. Per cui per me il Master in Europrogettazione è stato un approfondimento ulteriore, coerente con il percorso di studi che stavo seguendo all’università.

    Hai potuto applicare le competenze del master dopo l’esperienza a Bruxelles? È stato utile seguire i consigli dei professionisti?

    Ho lavorato per tanto anni per l’Europa, con l’agenzia della commissione europea, finché poi ho deciso per ragioni personali di rientrare a Napoli e dovuto cambiare strada. Ma sicuramente il master è stato utile durante la mia permanenza a Bruxelles. Quando scrivevo per l’onorevole Martusciello, ho applicato le competenze di progettazione acquisite al master per alcuni nostri sostenitori, in merito a progettazione per bandi europei e campani.

    Che cosa ci vuole per scrivere un progetto vincente? Il master è utile in questo senso?

    Il master aiuta ad acquisire una visione del progetto, fa capire qual è l’atteggiamento giusto da assumere quando ci si trova davanti a un bando. Per scrivere un progetto vincente bisogna leggere bene la consegna, cercare gli obiettivi reali, e mantenere coerenza con l’obiettivo .

    Cosa consiglieresti a chi vuole fare sul serio con i progetti europei?

    Sicuramente consiglierei questo master, il mio feedback personale è stato al cento per cento positivo. Poi il mio interesse verso i progetti europei era talmente forte che ho voluto investirci ancora più tempo ed energie. Il mondo dell’europrogettazione è sconfinato, io ho fatto una specialistica di due anni a riguardo. É certo che chi vuole lavorare in questo ambito deve aggiornarsi continuamente, ma sicuramente il master ti dà una marcia in più. Ti agevola nell’apprendimento e soprattutto ti inserisce in un network di contatti per poter approfondire la tua esperienza anche una volta finito il corso.

    Se dovessi definire i punti di forza di questo master, quali sarebbero?

    A mio avviso è la classe docenti il grande punto di forza di questo master. Posso dirlo a maggior ragione dal momento che conosco l’ambito e studio il mondo dei progetti europei da tempo. Ci ho dedicato due anni della mia formazione e conoscendo questo mondo posso dire che tutti i docenti sono davvero qualificati, oltre ad essere molto efficaci per chi vuole imparare. Tra i vari ricordo Bruno Mola, per me è l’esempio di come deve essere un grande professore. É stata sicuramente un’esperienza utile e piacevole, che mi ha dato la possibilità di lavorare con persone che non conoscevo, che è sempre un fattore positivo di crescita per chi impara.

    Secondo te, cosa possono fare le Istituzioni Europee per chi lavora nel campo della cultura, del sociale, dell’innovazione. Ci sono risorse?

    Piuttosto che risorse, direi che serve più informazione. Una rete di networking per i ragazzi che si approcciano al settore, una rete di diffusione di informazioni. È inutile preoccuparsi di stanziare risorse ulteriori se non si dà a tutti la possibilità di conoscere quelle che già sono a disposizione.

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    Dietro le quinte del Master Social Media e Digital Marketing: intervista al docente ed esperto di content marketing Andrea Boscaro

    di Sofia Fiorini


     

    Com’è stato il tuo cammino verso il social media marketing?

    Ormai otto anni fa ho deciso di lasciare l’azienda e-commerce che guidavo qui in Italia perchè, insieme al mio socio in The Vortex, Nicola Mauri, ho avvertito quanto fosse necessario per le aziende internalizzare se non i processi, almeno le competenze legate al mondo digital e questa necessità era prodotta soprattutto dall’ascesa dei social media. Da quel momento, i social sono diventati uno dei principali temi della mia attività formativa oltre che un ambiente di grande importanza per il confronto e la comunicazione del brand.

    La mia esperienza come docente è nata poi da una lettura del mercato, cioè dall’intuizione che la formazione potesse davvero interessare un vasto pubblico, fosse un servizio molto richiesto e di cui c’era bisogno. Così ho scelto di mettere a disposizione le mie competenze a riguardo. Al master di Social Media e digital marketing insegno nello specifico content marketing, ma anche di altri aspetti più generali del marketing digitale.

    Com’è insegnare al master? È un’esperienza stimolante? Che gente si incontra?

    Sono colpito a livello personale dal fatto che professionisti con alle spalle un’attività, non solo ragazzi giovani, decidano per una settimana di mettersi in gioco con grande umiltà, chiudendosi in una sala con sconosciuti per far ripartire da zero la propria conoscenza. Questa è una delle cose che mi motiva di più ad andare in aula.

    Se dovessi indicare il punto di forza di questo master, quale sarebbe?

    La formula full time di una settimana intensa di lezione ha il vantaggio che, diversamente dal altre esperienze di formazione, c’è un percorso di crescita, e permette di confrontarsi con persone che arrivano da ambiti completamente diversi. I colleghi delle aziende per cui lavoro hanno orizzonti molto verticali, specifici. In questo master ti trovi invece a confrontarti con persone provenienti da settori differenti, riesci ad avere uno sguardo a 360 gradi sulla rete. E appunto perché il pubblico è composito, il percorso tematico sul digitale è all’insegna dell’esaustività. È un punto di forza importante poi il fatto di avere docenti molti diversi, professionisti con background diversi, da esperti di marketing, a quelli di comunicazione, fino al business.

    Consiglieresti il master a chi ha appena iniziato? E invece a chi già ne sa di digital?

    Per chi non ne sa nulla di digital consiglio il master perché offre una mappatura ben costruita di digital marketing. Permette di capire che tutti i diversi strumenti nel digital assolvono a uno scopo diverso. Non tutti i partecipanti diventeranno social media manager, c’è chi si specializzerà in altre competenze, perché il digital offre vari ruoli da ricoprire.

    Per chi invece già ne sa di digital il master è la possibilità di fare domande a quelli che credo siano i migliori formatori di digital in Italia al momento. Credo che i corso di formazione siano abiti di sartoria: tutti dobbiamo personalizzare il nostro percorso in funzione dei nostri interessi. Andare a un corso già con le domande giuste è il primo passo per cucirsi un bel vestito addosso.

    È importante acquisire competenze e basi solide in un ambito, come questo, dove molto si dà per scontato? Quanto bisogna imparare e studiare?

    Ogni giorno entro nelle piattaforme e, rispetto al giorno prima, sono cambiate: per questo motivo non basta studiare sui libri. Occorre fare pratica, simulare campagne o curarne anche di piccole per impratichirsi e testare sul campo le opportunità e i limiti degli strumenti. Dopodiché occorre studiare, ed a fondo, i modelli interpretativi dell’uso dei media digitali, le teorie come quella dei “micromomenti” e le tendenze che, in forme sempre più pronunciate, differenziano l’adozione di tali ambienti da parte di tipologie di persone differenti.

    Come si rimane costantemente aggiornati e competitivi nel DM?

    Con una cura maniacale delle fonti, dei siti da leggere e degli account da seguire. Con una loro costante “curation” e con una frequentazione abituale degli strumenti. Dopodiché rimango ammirato della grande partecipazione, soprattutto da parte dei più giovani, agli eventi che ormai quotidianamente parlando di digitale verticalizzandone il racconto e la formazione in settori specifici. Il nostro è indubbiamente un momento dove ci si confronta molto ed indubbiamente questo è il segno della sua forza e del suo interesse.

    Ti piace il tuo lavoro? E raccontarlo a chi vorrebbe aprirsi la sua strada nel Digital Marketing?

    Ci sono momenti in cui il mio lavoro mi piace meno di un tempo. Seguendo con interesse e con preoccupazione come la Rete si è evoluta facendo emergere fenomeni come il cyberbullismo o l’hate speech avverto di avere, benché in minima parte, contribuito a creare un mondo in cui non mi riconosco e che occorre combattere. Mi auguro che i professionisti del futuro del marketing digitale abbiamo una componente etica tanto forte quanto, nel passato, è stata forte la volontà di renderlo un mezzo noto e tale da imporsi al vasto pubblico che oggi ha raggiunto.

    Pensi che sia un mondo per i giovani? A quali condizioni?

    Sul piano professionale, il marketing digitale permette ai più giovani di affrontare in modo limpido e senza preconcetti le diverse soluzioni. Ciò che manca ai più giovani è ovviamente l’esperienza e il linguaggio del marketing e del management che spesso crea un divario fra il professionista e il committente sia esso l’imprenditore o il responsabile marketing. Eppure – lo dimostra il successo online di Giovanni Trapattoni curato dal nipote – la tecnologia deve unire i puntini delle generazioni se vuole produrre valore.

    È vero che aziende, organizzazioni, insomma chi non si adegua resterà inesorabilmente indietro?

    È vero, ma con uno sguardo più disincantato di un tempo. Come a seguito di ogni cambiamento tecnologico, dopo un’adozione indiscriminata iniziale ed una lettura di innamoramento eccessivo, stiamo vivendo una fase di consapevolezza più profonda, volta a comprendere ciò che serve davvero e ciò che rappresenta investimenti o sforzi inutili. Non tutte le piattaforme digitali e le tecniche con cui servirsene sono utili per tutti i modelli di business: la competenza serve quindi per conoscerle, anche per non adottarle.

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    Master Europrogettazione a Bruxelles: Mauro Bombardieri da ex corsista della Special School ad autore

    di Sofia Fiorini


     

    Qual è stata per te la spinta a iscriverti al Master, perché guardavi all’Europa come ad un’opportunità che avrebbe potuto fare al caso tuo?

    Ero interessato a un’esperienza di studio internazionale e ad approfondire le mie conoscenze in termini di formazione sui bandi europei, volevo conoscerne i contenuti e i dettagli. Soprattutto mi interessava scoprire la realtà della relazione tra commissione europea e partner internazionali. Direi che le spinte principali per partecipare al master riguardavano i contenuti e la gestione delle relazioni dell’euro-progettazione. Ho sentito di dovermene occupare in un modo più accurato, che andasse oltre la superficie. Tanti parlano di queste cose, ma pochi hanno competenze reali.

    Come ti aiutato il Master in ciò che fai oggi?

    Il mio lavoro attuale non è lo stesso di quando mi sono iscritto al master nel 2016. Oggi lavoro nell’Ateneo pontificio Regina Apostolorum, nel dipartimento di sviluppo di relazioni istituzionali, e sono il responsabile dell’ufficio per l’attività di promozione.

    Il knowledge che ho acquisito al master è confluito poi in una parte del libro che ho scritto, Chief Digital Officer. Gestire la Digital Transformation per persone e organizzazioni. Una parte del manuale, dedicato al cambiamento organizzativo seguìto alla digital trasformation, affronta appunto il tema degli strumenti di formazione della comunità europea, quei progetti di formazione che sono finanziati proprio dai bandi europei. Come si può gestire il cambiamento, se non con la formazione?

    Secondo te, cosa possono fare le Istituzioni Europee per chi lavora nel campo della cultura, del sociale, dell’innovazione. Ci sono risorse?

    Credo che le Istituzioni Europee potrebbero promuovere di più il concetto di Europa attraverso attività inerenti alla formazione, al benessere pubblico, ma anche dal punto di vista politico ed economico. Le risorse stanziate e da stanziare in Europa ci sono, ma in Italia vengono usate poco e male. L’informazione è scarsa, così come la conoscenza delle modalità di accesso ai bandi e al loro utilizzo. In questo senso, l’esperienza del master permette di verificare personalmente come funziona il progetto europeo e di approfondire anche secondo quali modalità si stilano i bandi. Le istituzioni dovrebbero cercare di istituire partnership con enti come il vostro per promuovere la conoscenza dei bandi. Le istituzioni hanno il compito, oltre che di stanziare risorse, anche di promuoverne la conoscenza, per far sì che la possibilità di accedervi sia reale e non solo virtuale. E per promuovere ciò, le istituzioni hanno bisogno di competenza e professionalità nelle figure di chi diffonde questo tipo di informazioni.

    Cosa ti sei portato a casa dall’esperienza del Master e dall’incontro coi docenti?

    Sicuramente il master mi ha permesso di avere una visione più approfondita rispetto a come si muove la commissione europea per la gestione dei finanziamenti e mi ha dato una panoramica internazionale dei progetti di formazione.

    Per me è stata fondamentale nell’apprendimento la parte di workshop. Ricordo di aver scelto, tra le varie proposte, per la mia esercitazione sui bandi reali un progetto per diffondere la cultura dell’integrazione europea. Esercitarsi su un tema così interessante, come per me in questo caso era la richiesta di finanziamenti per attività che promuovessero il concetto di cittadinanza europea, è stato senza dubbio stimolante.

    I docenti sono tutti professionisti di grande esperienza, con cui sono rimasto in ottimi rapporti. Soprattutto è stato utile per noi il fatto che facessero parte della commissione europea: ci hanno saputo spiegare nel dettaglio la relazione tra team di progetto e commissione nella fase di richiesta del finanziamento.

    Poi è stata una bellissima esperienza dal punto di vista umano, ho conosciuto tantissime persone di realtà lavorative diverse, provenienti da vari paesi di Europa. Per me è stata un’occasione di arricchimento culturale e personale eccezionale.

    Che cosa ci vuole per scrivere un progetto – di formazione, e non solo – vincente?

    Ciò di cui è strettamente necessario assicurarsi per garantire successo al proprio progetto è la capacità di individuarne le ricadute positive e di renderle dimostrabili. Il progetto deve implicare, già dal nucleo, l’effetto delle proprie ricadute sociali positive. È chiaro che più questi effetti positivi sulla comunità sono tangibili ed evidenti, più il progetto risulterà vincente. È ovvio poi che sia necessaria un’ottima conoscenza dei meccanismi di funzionamento dei bandi e delle istituzioni europee. Il master dà un ottimo inquadramento a riguardo. In linea generale, un buon progetto ha tra le sue premesse un’alta qualità di pianificazione e professionalità delle parti.

    Cosa consiglieresti a chi si affaccia per la prima volta all’universo dell’euro-progettazione?

    A chi comincia adesso ad occuparsi di progetti europei e vuole farlo in modo serio, consiglio indubbiamente di fare questo master e di farlo a Bruxelles. La dimensione di scambio culturale è maggiore che non nelle sedi italiane, il tasso di internazionalità è più alto. Fare il master a Bruxelles offre poi la possibilità di sentirsi in prima persona parte della comunità europea, c’è maggiore facilità di scambio. Un consiglio per chi vuole occuparsi di questo settore è anche di non avventurarsi a fare progettazione senza avere knowledge. Bisogna dotarsi di strumenti validi e di competenze reali.

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    Master Social Media e Digital marketing: Riccardo Scandellari da “nerd” a docente di personal branding

    di Sofia Fiorini


     

    Ti occupi di web dal 1998, com’è cambiato negli anni il tuo approccio al digital? Come si fa a rimanere sempre al passo coi tempi?

    C’è un unico modo di rimanere sempre aggiornati: studiando e sperimentando. Era il 1998 quando ho iniziato a mettermi in gioco da nerd, dietro lo schermo di un computer, e le uniche due cose per promuoversi online erano un sito web e la mail, non c’erano le tecnologie di oggi. E partendo da queste due cose ho poi accolto nel tempo le novità, ho colto le nuove opportunità che si presentavano e ho sperimentato come fosse fare marketing digitale con quelle. Anche a forza di sbagliare si trova la via giusta. La mia specialità è diventata nel tempo il personal branding, tanto che oggi i libri che ho scritto in materia sono quattro, ma non ho mai smesso di interessarmi in senso ampio a tutto il marketing digitale.

    Come sei arrivato dal personal branding a diventare docente di Social media e digital marketing?

    È successo quasi per caso. Ho scritto un libro ormai cinque anni fa, Fai di te stesso un brand, che ha a avuto un successo editoriale inaspettato. Quel successo mi ha trasformato da nerd dietro il pc a speaker e docente, perché da quel momento mi hanno cercato per andare a raccontare in giro questo libro.

    Ti piace il tuo lavoro? E com’è raccontarlo a chi vorrebbe lavorare nel Digital Marketing?

    Mi piace tantissimo, soprattutto il fatto di poter organizzare una sequenza di informazioni in modo da renderle comprensibili per l’altra persona e, ancora di più, applicabili, tanto da cambiargli la vita. Non è la prima volta che ricevo feedback positivi da parte di chi ha preso parte al master Social media e digital marketing e poi ha avuto fortuna in questo campo grazie alle competenze ottenute lì.

    Quanto conta la guida dei professionisti per chi inizia?

    La guida dei professionisti è preziosa, soprattutto inizialmente. Molti arrivano con il sogno di lavorare coi social nella loro vita, ma poi non sono ben consapevoli di cosa c’è davvero dietro al digital marketing, quanto studio comporta, le complessità che implica. É importante che il docente dia a chi vuole imparare soprattutto una strategia. C’è bisogno di insegnare una visione strategica, per raggiungere i propri obiettivi. E questo tipo di strategia la può trasmettere solo chi ha lavorato per anni con il digital. Personalmente, quello a cui tengo come docente è dare chi vuole imparare un metodo che si possa adottare nella pratica del lavoro di tutti i giorni, che permetta di organizzarsi ogni giorno per crescere. Questo è ancora più importante della singola nozione.

    È importante acquisire competenze e basi solide in un ambito, come questo, dove molto si dà per scontato? Quanto bisogna imparare e studiare? E a chi ci si affida per aggiornarsi?

    Come per tutti i mestieri, il medico, l’ingegnere, anche il digital marketer per conoscere deve studiare. E non può permettersi di pensare che quello che sa a un certo momento varrà anche per il futuro. Il mondo si evolve e non se ne può fare a meno. Il digital marketing assembla due aree amplissime: comunicazione e tecnologie. È difficile essere tenersi aggiornati anche solo su una, figuriamoci su entrambe. È un lavoro instancabile, che oltre all’esperienza fondamentale di corsi di aggiornamento come questo, comprende un’incessante lavoro di ricerca individuale su libri, blog, eccetera.

    Com’è insegnare al master di Europa Innovation Business school? Cos’è più stimolante per te? Che tipo di gente incontri?

    La cosa straordinaria è che tutte le volte che faccio lezione sono io a imparare da chi ho davanti. Come succede? Con interventi e domande. Magari un ragazzo che non sa niente di digital e che è venuto per imparare da me quello che so, mi fa una domanda su ciò che lui conosce già e che, se sono fortunato, è una novità completa per me e quindi un arricchimento. C’è sempre qualcuno che mi dà degli stimoli, mi racconta qualcosa che non conoscevo. Spesso sono loro che formano me, è un’opportunità di crescita davvero stimolante.

    Se dovessi indicare un punto di forza di questo master?

    Direi più di tutto la qualità dei docenti selezionati. Anche in altri corsi blasonati vediamo nomi di professionisti, ma in questo master si cercano docenti con esperienza che hanno dimostrato con il loro lavoro negli anni di essere professionisti di qualità.

    Pensi che il digital sia un “paese per i giovani”? A quali condizioni?

    Credo che il digital sia un paese per tutti, a patto di avere la flessibilità mentale adatta a questo mondo di comunicare. Ho visto cinquantenni che si adattavano meglio dei diciottenni ai mezzi di comunicazione digital. Questo non nega il fatto che più spesso si verifichi il contrario. Ma significa che chiunque può fare digital a patto di saper comprendere la grammatica e le logiche che ci stanno dietro. Quando parliamo di digital parliamo di attenzione: la stessa che abbiamo al bar ce l’abbiamo online. Se il discorso non ti interessa, non ascolti. Ma se fai in modo di essere interessante per il tuo utente guadagnerai la sua attenzione. E se riesci a farti ascoltare davvero, puoi portare la persona che ti ascolta a comprare qualcosa. È così che raggiungi l’obiettivo. Si tratta di mantenere l’attenzione su una nicchia e un tema specifico.

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    Dal Master Europrogettazione di Europa Innovation all’European External Action Service. Intervista a Roberta Di Rosa, una carriera da cui prendere esempio!

    di Arianna Ioli


     

    Arianna: Vivi e lavori a Bruxelles, nel cuore delle Istituzioni Europee, ma quale lavoro fai esattamente?

    Mi occupo di prevenzione dei conflitti, dei problemi di inclusione di genere, di prevenzione delle atrocità di massa e di pace. Lavoro per le istituzioni europee e in particolare per l’EEAS, European External Action Service, il servizio diplomatico dell’Unione Europea. (ndr. Nel team di Federica Mogherini!)

    A: Immaginavi che questo sarebbe stato il tuo lavoro del futuro? Da dove sei partita? Come guardavi all’Europa dieci anni fa?

    Non sapevo sarebbe stato questo il mio lavoro, ma ho creato tutti i presupposti perché lo diventasse.

    Ricordo aver sentito parlare dell’UE per la prima volta a 14 anni da un funzionario che era in Sicilia per lavoro. Sembrava appassionato del suo lavoro sullo sviluppo sostenibile. Iniziai a studiare come arrivate al quartiere generale dell’UE e all’università creai un curriculum che potesse riflettere il mio interesse verso gli affari internazionali, la cooperazione allo sviluppo e i diritti umani. Iniziai a lavorare per l’università e quando si presentò l’opportunità inviai un cv per uno stage al parlamento europeo. Qualche mese dopo mi ero trasferita a Bruxelles e lavoravo per la commissione per i diritti umani in parlamento, come stagista. Durante lo stage ho capito come funzionavano i concorsi europei e ne passai uno. Una volta interna al sistema tutto divenne più chiaro, anche in termini di scopi dell’EU, che dall’Italia sembrava lontana e poco attenta ai suoi cittadini. Avendo studiato relazioni internazionali, dieci anni fa capivo bene i limiti della collegialità che 28 Stati Membri potessero comportare in termini di azione concreta dell’Unione Europea. Una volta dentro, il meccanismo si apprezza per essere democratico e flessibile.

    A: E come la immagini tra dieci anni?

    Tra 10 anni mi aspetto un’Europa più cosciente dei suoi vantaggi e con una società civile che la difenda dall’attacco nazionalista crescente.

    A: Qual è stata la spinta a fare il primo passo?

    Studiare come migliorare le cose a livello nazionale e internazionale ha rappresentato sicuramente l’inizio del mio percorso.

    A: E la tua esperienza al Master? E’ stata utile?

    Si, molto. Mi ha dato un’idea di come funzionassero i fondi e i progetti europei e mi ha fatto capire che la mia strada cominciava dal seguire i progetti sul campo per poi evolvere e scrivere le politiche sui finanziamenti.

    A: Dopo il Master che cosa è successo? In che direzione hai lavorato e come sei riuscita ad approfondire?

    Al tempo del master non lavoravo ancora per la commissione europea e ho passato il mio concorso poco dopo. Questo mi ha consentito di entrare alla direzione generale per lo sviluppo e la cooperazione, dove ho avuto modo di esplorare a lungo la parte operativa e finanziaria dei progetti europei.

    A: Si può lavorare in Europa? C’è posto per i giovani?

    Assolutamente si, si lavora in Europa! Ma servono molte più occasioni per informare i giovani delle possibilità che l’Unione europea offre, dagli stage ai concorsi per diventare funzionari.

    A: E per chi vuole fare imprenditoria nel proprio paese? Un consiglio “europeo”?

    Cominciare da idee semplici che aiutano a sviluppare soluzioni pratiche per raggiungere obiettivi specifici. Per questo occorre sapere come scrivere un progetto, il master è il posto imparare come farlo.

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