di Arianna Ioli


 

Arianna: Vivi e lavori a Bruxelles, nel cuore delle Istituzioni Europee, ma quale lavoro fai esattamente?

Mi occupo di prevenzione dei conflitti, dei problemi di inclusione di genere, di prevenzione delle atrocità di massa e di pace. Lavoro per le istituzioni europee e in particolare per l’EEAS, European External Action Service, il servizio diplomatico dell’Unione Europea. (ndr. Nel team di Federica Mogherini!)

A: Immaginavi che questo sarebbe stato il tuo lavoro del futuro? Da dove sei partita? Come guardavi all’Europa dieci anni fa?

Non sapevo sarebbe stato questo il mio lavoro, ma ho creato tutti i presupposti perché lo diventasse.

Ricordo aver sentito parlare dell’UE per la prima volta a 14 anni da un funzionario che era in Sicilia per lavoro. Sembrava appassionato del suo lavoro sullo sviluppo sostenibile. Iniziai a studiare come arrivate al quartiere generale dell’UE e all’università creai un curriculum che potesse riflettere il mio interesse verso gli affari internazionali, la cooperazione allo sviluppo e i diritti umani. Iniziai a lavorare per l’università e quando si presentò l’opportunità inviai un cv per uno stage al parlamento europeo. Qualche mese dopo mi ero trasferita a Bruxelles e lavoravo per la commissione per i diritti umani in parlamento, come stagista. Durante lo stage ho capito come funzionavano i concorsi europei e ne passai uno. Una volta interna al sistema tutto divenne più chiaro, anche in termini di scopi dell’EU, che dall’Italia sembrava lontana e poco attenta ai suoi cittadini. Avendo studiato relazioni internazionali, dieci anni fa capivo bene i limiti della collegialità che 28 Stati Membri potessero comportare in termini di azione concreta dell’Unione Europea. Una volta dentro, il meccanismo si apprezza per essere democratico e flessibile.

A: E come la immagini tra dieci anni?

Tra 10 anni mi aspetto un’Europa più cosciente dei suoi vantaggi e con una società civile che la difenda dall’attacco nazionalista crescente.

A: Qual è stata la spinta a fare il primo passo?

Studiare come migliorare le cose a livello nazionale e internazionale ha rappresentato sicuramente l’inizio del mio percorso.

A: E la tua esperienza al Master? E’ stata utile?

Si, molto. Mi ha dato un’idea di come funzionassero i fondi e i progetti europei e mi ha fatto capire che la mia strada cominciava dal seguire i progetti sul campo per poi evolvere e scrivere le politiche sui finanziamenti.

A: Dopo il Master che cosa è successo? In che direzione hai lavorato e come sei riuscita ad approfondire?

Al tempo del master non lavoravo ancora per la commissione europea e ho passato il mio concorso poco dopo. Questo mi ha consentito di entrare alla direzione generale per lo sviluppo e la cooperazione, dove ho avuto modo di esplorare a lungo la parte operativa e finanziaria dei progetti europei.

A: Si può lavorare in Europa? C’è posto per i giovani?

Assolutamente si, si lavora in Europa! Ma servono molte più occasioni per informare i giovani delle possibilità che l’Unione europea offre, dagli stage ai concorsi per diventare funzionari.

A: E per chi vuole fare imprenditoria nel proprio paese? Un consiglio “europeo”?

Cominciare da idee semplici che aiutano a sviluppare soluzioni pratiche per raggiungere obiettivi specifici. Per questo occorre sapere come scrivere un progetto, il master è il posto imparare come farlo.

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